Parlare di fotografie famose ci rimanda ad immagini del passato che, proprio perché immortalate, hanno superato il tempo. Sono attimi di vita, emozioni, gesti, che si lanciano fuori dal fluire degli eventi. A venire stimolata non è solo la vista, sono tutti i sensi e a volte anche la nostra coscienza.
Le fotografie famose che hanno fatto la storia sono quelle che provocano una lacerazione, sono le immagini che obbligano ad una scelta, che spingono a schierarsi, a chiedersi cosa sia giusto e sbagliato.
Quelle che provocano reazioni, che non lasciano indifferenti. Come pugni nello stomaco, come acqua fredda che risveglia.
Queste sono 10 fotografie famose che hanno segnato la storia
Steve McCurry, Ragazza afgana (1984)
Il volto di questa giovanissima donna è diventato noto dopo essere comparso sulla copertina del National Geographic. Gli occhi intensi non mostrano imbarazzo, c’è una durezza di fondo che richiama la vita priva di lussi, di facilità. Sguardo magnetico, di una infanzia finita troppo presto.
Nick Ut, Attacco con napalm in Vietnam (1972)
Sono gli anni della guerra in Vietnam. Uno scontro aspro e crudele che ha devastato un paese e un’intera generazione di giovani soldati. Qui però ad essere protagonisti sono dei bambini, la loro fuga solitaria. La foto è cruda, lascia spazio solo al terrore e alla devastazione.
Alfred Stieglitz, The Steerage (1907)
Ad essere immortalata è un’immagine dello scorso millennio, una vita fa. Eppure cattura un fenomeno che non ha mai smesso di essere contemporaneo, quasi un assillo per la nostra società. Migranti, flussi umani, gente indesiderata alla ricerca di occasioni che gli sono negate. Ieri come oggi i volti dei più poveri sono confusi nella massa di gente, stipata in spazi angusti. La società per bene è li, a fissare la scena dall’alto.
Una metafora dell’oggi in cui parte del mondo rimane immobile a guardare le disgrazie altrui. Con distacco, con rammarico, con sdegno ma senza muovere un dito.
Charles Levy , Mushroom Cloud Over Nagasaki (1945)
La seconda bomba nucleare esplode sulla città giapponese. Un imponente fungo di fumo schiaccia Nagasaki, come un punto che pone fine ad una frase. È forse una delle svolte più oscure prese dalla scienza nel ‘900, il progresso della ricerca che arriva al suo risultato peggiore.
William Anders , Earthrise (1968)
La Terra vista dallo spazio. Il pianeta che per noi è tutto il nostro mondo appare qui come una sfera, una biglia colorata. Nel buio infinito dello spazio si staglia con i suoi vividi colori. Gli oceani, le nubi, tutto quello che ci sembra enorme viene qui ridimensionato. Ricucita al contesto dell’universo, la Terra, ci appare come parte di un qualcosa di più grande.
Autore sconosciuto, Caduta muro di Berlino (1989)
Non ci sono solo fotografie famose di grandi artisti, a volte sono anche gli sconosciuti ad aver colto il momento giusto. La caduta del muro di Berlino è stato uno degli eventi politici e sociali più importante degli ultimi decenni. La gente comune ne è stata protagonista, quella che con oggetti di ogni tipo ha abbattuto quell’ostacolo. Un inno alla libertà, alla cooperazione, al cambiamento.
Kevin Carter, l’avvoltoio e il bambino (1993)
Siamo ai giorni nostri, gli anni ’90 sono il nostro ieri. Eppure, mentre per noi quel decennio è simbolo di ricchezza, esagerazione, progresso, per alcuni è la stasi prima della morte. Quest’immagine agghiacciante ha fatto aprire gli occhi all’Europa e al mondo sulle condizioni dell’Africa. Mal nutrizione, guerre, carestie, e il corpo di un bambino accasciato a terra. L’avvoltoio alle sue spalle è lungimirante, sa aspettare.
Lo scalpore legato a questo scatto, che ha prima visto Carter vincitore del premio Pulitzer e poi suicida, ha portato molte associazioni a ricercare quel bambino.
V. Davis, Suffragette in abiti carcerari dopo il rilascio (1908)
Quello che oggi ci appare come scontato, quel diritto così spesso preso poco sul serio è il risultato del sacrificio e del coraggio di molte donne. Le suffragette ritratte nella fotografia, appena rilasciate, sono il simbolo di quella lotta. Le loro braccia tese rappresentano tutto lo slancio vitale delle rivendicazioni di quegli anni. Una forza che non dovrebbe mai essere dimenticata e che oggi dovrebbe fungere da propulsore per il continuo miglioramento della condizione femminile nel mondo.
Ruth Orkin, American Girl (1951)
Scattata per le strade di Firenze, la foto ci mostra una scena che per molti versi è del tutto contemporanea. Gli sguardi maschili seguono incollati i passi svelti di una giovane donna. Lo spazio è tutto invaso da quelle attenzioni non richieste; il volto evita gli sguardi, le mani tese a cercare di chiudersi nella propria sicurezza. Il mito dell’uomo conquistatore, che corteggia e ammalia, si trasforma in una forzatura, in una intromissione prepotente nella vita dell’altra, la preda.
Dorotea Lange, Madre emigrante (1936)
È un volto segnato quello fotografato dalla Lange, in cui ogni solco riflette un pensiero, una preoccupazione. Sono gli anni della depressione ed essere madre, per le classi sociali più basse, vuol dire fare economia, campare col niente. L’affetto familiare sembra l’unica cosa che rimane, a cui gli stessi bambini si aggrappano.
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