Un percorso espositivo per far (ri)scoprire la fotografia, è “In the beginning…”, la collettiva di Andrea Bove, Cristina Cusani, Federica De Meo, Maria Del Monaco, Assunta D’Urzo, Delia Fimiani, Tiziana Mastropasqua e Gianluca Schettino, in mostra fino al 10 luglio presso il Largo baracche a cura di Maria Savarese e Ivan Piano in collaborazione con il Biennio specialistico di Fotografia, coordinato da Fabio Donato, e il Triennio di Nuove tecnologie dell’arte, coordinato da Franz Iandolo, dell’Accademia di Belle arti di Napoli.
All’interno del polivalente spazio di Giuseppe Ruffo e Pietro Tatafiore, posto nel ventre della città, nel caratteristico dedalo dei Quartieri Spagnoli, gli otto giovani artisti hanno esposto la personale indagine su questo linguaggio nuovo di esprimere le emozioni e raccontare la realtà, una scrittura che per accenti, lettere e punteggiatura ha la luce, il foro stenopeico, il viraggio alla seppia o al caffè, le manipolazioni mediante solarizzazioni e sovrimpressioni, e innumerevoli supporti.
«Nata come opportunità di confronto e visibilità, “In the beginning…” rappresenta la volontà di supportare le giovani leve, in modo concreto, offrendo al pubblico anche la reinterpretazione del linguaggio fotografico». Queste le parole con cui Piano racconta l’esposizione, un allestimento estremamente scarno che, particolarmente adatto all’ex bunker partenopeo, mette in risalto le opere, realizzati prevalentemente in serie, per raccontare le emozioni in frammenti diversi.
Un viaggio molto suggestivo che dal recupero della parola passa ai “cortometraggi fotografici” capaci di restituire movimento e dinamismo, dalla dimensione del ricordo personale come metonimia della memoria collettiva arriva ad un’umanità artificiale, rappresentata da un manichino che, ricoperto di veli, si deforma in varie posa; e ancora, da fotografie come strisce fumettistiche giunge al tentativo di cancellare, imprimendo, i luoghi della propria infanzia, e, infine, passando per le frammentazioni estetiche di un corpo, percepire l’anima di un luogo-non-luogo, come la stazione della metropolitana.
Accompagnata da un raffinato catalogo (Paparo Edizioni), con testi e poesie di Ivan Piano, un’intervista di Marina Guida a Maria Savarese, e un’introduzione sul concept e sulla missione dello spazio Largo Baracche, sempre più cruciale tanto nella missione artistica quanto in quella sociale, la mostra dà un’occasione seria agli artisti ma soprattutto al pubblico, offrendo un modo per riflettere e capire, piuttosto che assorbire passivamente quanto propinato da sedicenti tecnici e appassionati; un prezioso cadeau perché, sempre più spesso, fermarsi a/e riflettere è il lusso più grande. Anche nell’arte.
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