Eccomi ancora qui per parlarvi di libri. Oggi vi presento Ternitti di Mario Desiati, finalista al premio Strega nel 2011, storia d’amore e di denuncia ambientata nel sud più sud d’Italia e, in parte, in Svizzera, nel periodo che va dal 1975 ad oggi.
La protagonista è Mimì Orlando che conosciamo bambina ribelle e indomabile tra gli scogli del capo di Leuca e vediamo crescere attraverso le sue vicende, dall’emigrazione in Svizzera al seguito dei genitori, fino al rientro e alla vita nel paesino Salentino di origine, dove Mimì, ormai donna e mamma, non perde una virgola del suo carattere ribelle e indomabile che, anzi, diviene ancora più evidente e sulla bocca di tutti.
Mimì Orlando era la ragazzina che passava le sue giornate lontana da tutti, sdegnosa e nobile anche se figlia di braccianti, vestita di abiti lunghi come tuniche ricavati dalla mussola di qualche corredo, e assorta in concioni con se stessa.
(Ternitti, p. 16)
Ma Mimì non si cura minimamente delle parole della gente, va avanti per la sua strada, sia quando si tratta di difendere il fratello alcolizzato, che quando si tratta di difendere i propri diritti nel cravattificio per cui lavora. Mimì è sempre Mimì, anche di fronte alla figlia Arianna, ormai grande, nei confronti della quale è, inevitabilmente, una mamma itlaianameridionalesalentina:
“E questo cos’è?”
“Non vedo.”
“È una scamorza.”
“Sei sicura?”
“Cosa ci fa una scamorza nel mio trolley?”
“Non lo so.”
“L’hai messa tu, mamma?”
“No.”
“E chi l’ha messa?”
“Male non ti fa.”
“SI, ma avvisami. L’altra volta me l’hai nascosta in una tasca. L’ho scoperta una settimana dopo.”
“Ma è senza sottovuoto, non sporca e si conserva.”
“Mamma questa ve la mangiate tu e zio. Non la voglio.”
“Ma portati almeno un po’ di frutta.”
“Le mele esistono anche a Roma, sai?”
“Sapene de nenzi le mele di Roma.”
(Ternitti, p. 169)
Ma il romanzo di Desiati ha anche un altro protagonista: il ternitti.
Ternitti era la storpiatura della parola Eternit, ternitti venivano chiamate le fabbriche in cui si aveva a che fare con il cemento amianto; in fondo, al Capu, ternitti era sinonimo di tetto, tegola, cemento, e gran parte del materiale usato nei cantieri, anche se amianto non era. (Ternitti, p. 21)
Ternitti si respira nelle fabbriche in Svizzera, si mette con le tegole sui tetti del Capo di Leuca, ma soprattutto si porta nei polmoni di chi nelle fabbriche ha lavorato per costruire quelle tegole, uomini, soprattutto, che a poco a poco perderanno la vita a causa dell’asbestosi, per i quali Mimì preparerà ogni volta una diversa parmasia, il cesto pieno di doni e vettovaglie che accompagnino l’anima del defunto nel suo viaggio. Il ternitti accompagnerà Mimì lungo tutto l’arco della sua vita, condizionandone amori, perdite, amicizie e, proprio quando ci sembrerà che il ternitti non c’entri per nulla con la vita di Mimì eccolo tornare in ballo per riportare Mimì e le persone della sua vita ancora una volta insieme.
Sarò sincera: fino alle ultime pagine non avrei saputo dire nemmeno io se il romanzo di Desiati mi fosse piaciuto o no. La scrittura è ricercata, forse fin troppo costruita, ricca di continui riferimenti al dialetto salentino, ma la struttura del romanzo è caratterizzata dall’alternarsi di vicende, a volte lontane tra loro, fatte di piccoli episodi che si aprono e chiudono nello spazio di un paragrafo e questo, a me, ha lasciato una sensazione di frammentarietà, di eccessiva sospensione.
C’è un momento, però, in cui i fili che Desiati ha tessuto e ordinato fin dalle prime pagine, iniziano a stringersi ed il racconto prosegue verso la fine in maniera più continua e omogenea risultando, almeno a me, più coinvolgente ed emozionante.
Perché si, alla fine la storia di Mimì mi ha emozionato e non nascondo che parte della difficoltà ad affezionarmi a questo libro sta proprio nelle caratteristiche della protagonista, donna forte e legata alla terra e alle tradizioni che, forse, troppo da vicino mi ha ricordato persone a me care ma così lontane e diverse da non riuscire veramente a trovare un canale attraverso cui esprimere l’affetto che ci lega. Anche per questo Ternitti mi è caro come libro: mi mette di fronte a me stessa, ai miei difetti e alle mie relazioni. Mi riporta in luoghi che conosco bene e me li mostra attraverso gli occhi di chi non voglio ascoltare e mi ricorda la tragedia, troppo spesso celata, delle migliaia di operai italiani emigrati in Svizzera deceduti a causa dei veleni dell’amianto.
Ternitti, Desiati Mario
2011, 258 p
Mondadori, collana Scrittori italiani e stranieri
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