Eccoci qua tra i nostri amati libri, un nuovo appuntamento per consigliarvi delle letture che non potete assolutamente perdere!
Oggi vi parlo di “Il linguaggio segreto dei fiori“, romanzo d’esordio di Vanessa Diffenbaugh uscito nel maggio del 2011. Un’opera che ha conquistato i lettori di tutto il mondo.
“Non mi fido, come la lavanda,
Mi difendo, come il rododendro
Sono sola, come la rosa bianca, e ho paura. E quando ho paura, lascio che la mia voce siano i fiori”
Victoria, la protagonista di questa storia è una ragazza a cui la vita non ha riservato un percorso facile. Giunta al suo diciottesimo compleanno può finalmente emanciparsi dal sistema che negli anni le ha riservato diverse famiglie adottive e tanti istituti. Perché Victoria è sola al mondo, abbandonata dopo sole tre settimane dalla sua nascita. Un’esperienza che le ha fatto costruire un muro tra sé e il mondo esterno. La sua storia è infatti carica di solitudine, amarezza e senza di colpa, e cosa più rilevante una fortissima paura di amare e di essere amata.
La vita difficile l’ha segnata nel profondo. Solo Elisabeth la donna che per un breve periodo ne è stata l’unica figura materna le insegnerà l’amore. Proprio da lei Victoria imparerà a conoscere il linguaggio segreto dei fiori. Da qui prende avvio il riscatto dalla giovane donna, perché anche lei come tutti merita una vita piena d’amore.
Non vi svelo niente di più, è un libro che merita davvero di essere letto.
“Il vigneto era silenzioso. Hazel si staccò da lei e guardò oltre le viti, verso la casa. I suoi occhi assonnati seguirono la linea del tetto fino alle finestre dl primo piano. Quando si girò verso di me, ebbe un sussulto, come se si fosse dimenticata della mia presenza, poi sorrise: un lento, timido, raggiante sorriso. Tese le braccia verso di me e lanciò dei gridolini di gioia. Quel suono aprì una crepa nel guscio che mi avvolgeva il cuore, come un acuto infrange un bicchiere di cristallo.
Quella sera Hazel avrebbe dormito per la prima volta con me. Le avrei letto una storia e l’avrei cullata sulla sedia a dondolo. Poi avremmo cercato di addormentarci. Forse mia figlia si sarebbe sentita intimorita e io inadeguata, ma ci avremmo riprovato, una settimana dopo l’altra. Con il tempo avremmo imparato a conoscerci e io avrei saputo darle – come ogni madre alla figlia – un amore imperfetto e senza radici”.
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