Ciao a tutti!
Malinconia, voglia di riscatto, desiderio di sentirsi ancora giovani, speranza che i propri ideali siano ancora saldi e che valga la pena combattere per mantenerli accesi, ma soprattutto molta amarezza, sentimento che ha accompagnato per lunghi anni questo gruppo di rivoluzionari che finalmente si ritrovano con la volontà di cancellare l’amarezza per tornare a sentirsi forti e capaci di ogni cosa.
E’ ovvio che non può essere così semplice, gli anni sono passati per tutti e l’esperienza costringe ad altre riflessioni che la voglia di cambiare il mondo attraverso la lotta politica armata non sfiora minimamente, perciò “L’ombra di quel che eravamo” non è solo un bel titolo che cattura l’attenzione, ma è la verità che i protagonisti di questa avventura sui generis sono costretti ad affrontare e, loro malgrado, a riconoscere come reale.
La vita cambia, le persone cambiano, tuttavia in loro è bastata una scintilla per rinvigorire quel fuoco mai spento della loro gioventù, ma solo momentaneamente affievolito perché arrestati dal governo cileno, perciò quando un famoso anarchico soprannominato l’Ombra li convoca con la proposta di compiere insieme un’ultima azione rivoluzionaria, la risposta è subito entusiasta. Si fissa la data dell’incontro, ma il vento non sembra soffiare in loro favore e, aiutati da un beffardo destino, succede un comico incidente che costringe l’Ombra ad uscire di scena e ad abbandonare l’impresa tanto ambita.
Il destino però ha ancora una freccia da scoccare con il suo arco e decide di sostituire l’Ombra con un altro personaggio che, a differenza di quest’ultimo, è privo delle doti tipiche di un capogruppo, ma è svogliato, pigro, non ha un lavoro ed è in crisi con la moglie, per quanto abbia anche lui un passato rivoluzionario alle spalle. Non penso che Sepúlveda abbia scelto questo personaggio a caso, ma a mio parere rappresenta il coronamento del concetto espresso nel titolo, il lento transito dalla passione che ha dominato il credo politico di un giovane gruppo di ragazzi convinti che il mondo potesse cambiare alla consapevolezza di quanto invece non sia possibile.
Non tutto è però perso, il messaggio che conclude il romanzo è in fondo positivo: “Dicono che a mezzogiorno di quel 16 luglio aveva smesso di piovere su Santiago”, ma non posso dire che si tratti proprio di un happy-ending, fino all’ultima pagina la storia è filtrata dalle azioni del passato e sono infatti queste a dare la svolta decisiva al presente per compiere quel passo un po’ folle che, il torpore degli anni, aveva impedito.
E voi cosa ne pensate?
“L’ombra di quel che eravamo” di Luis Sepúlveda, ed. Guanda, € 14.50, pag.148
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