“Ogni persona ha un suo proprio colore, una tonalità la cui luce trapela appena appena lungo i contorni del corpo. Una specie di alone. Come nelle figure viste in controluce”.
L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio (Einaudi) è uno degli ultimi romanzi dello scrittore giapponese Haruki Murakami, precisamente il tredicesimo, dopo libri di grande successo come Norwegian Wood, Kafka sulla spiaggia e IQ84.
La trama, rispetto alla maggior parte dei libi di Murakami è abbastanza semplice. Tazaki Tsukuru è un ragazzo come tanti, che si trova a dover fare i conti con il suo passato: gli amici gli hanno voltato le spalle senza dare spiegazioni e da allora la sua vita non è più stata la stessa. Dopo sedici anni dall’accaduto, decide di scoprire il perché dell’abbandono e di ritrovare se stesso.
I temi centrali sono dunque l’amicizia, i legami, la fiducia negli altri e in se stessi, la morte e la solitudine. Prima parte di un gruppo coeso di adolescenti, dopo l’abbandono Tsukuru si sente responsabile e diventa apatico nei confronti della vita, quasi sfiduciato verso gli altri e se stesso.
Se tutti i vecchi amici sono legati ad un colore (o almeno i loro nomi lo ricordano), Tsukuru si sente invece scolorito sempre di più.
“Cercare di conoscere il proprio valore è come pesare qualcosa privi di un’unità di misura. L’ago della bilancia non riesce a fermarsi con uno scatto netto in un punto preciso”.
Il pellegrinaggio di Tazaki Tsukuru non è un vero è proprio viaggio, è un indagine introspettiva, un itinerario che si snoda tra i suoi sentimenti, i suoi pensieri e la sua vita.
Murakami, con le sue doti kafkiane, ci conduce lungo strade che si alternano tra la realtà e il sogno, in un equilibrio precario che non ci permette di capire sempre cosa è vero e cosa immaginario.
Con L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio, lo scrittore giapponese ci invita a ragionare e a capire quanto una percezione sbagliata di sé condiziona la nostra vita. Le domande che si pone Tsukuru sono le domande che si pone ognuno di noi, nel tentativo di trovare il coraggio di vivere al meglio la propria vita, di avere fiducia in se stessi e di superare eventi traumatici come l’abbandono.
“La vita è come uno spartito complesso. Piena di semicrome o biscrome, di segni strani, di annotazioni dal significato oscuro. Decifrarla è un’impresa ardua e anche saperla leggere correttamente, anche a saperla trasformare nella musica più bella, non è detto che poi la gente la capisca e l’apprezzi nel suo giusto valore”.
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