E’ mancato a Roma, dopo una lunga malattia uno dei maggiori esponenti teatrali italiani: Paolo Poli. La sua è stata una carriera lunga e costellata di moltissimi successi. Un anno fa ad 86 anni aveva dato l’addio definitivo al palcoscenico.
Ma chi era Paolo Poli? Qual è la sua storia?
Paolo è nato a Firenze il 23 maggio del 1929 e dopo essersi laureato in Letteratura Francese, inizia a lavorare negli anni Cinquanta in teatro. Era legatissimo alla sorella Lucia anche lei attrice. Nel 1949 inizia a lavorare in Rai. Fa prosa, macchiette, racconta fiabe prestando la voce ai cavalieri, alle streghe ed alle principesse che popolano il mondo di Stac, ovvero Carlo Staccioli burattinaio in Firenze.
Con un book di foto fate dall’amico Franco Zeffirelli, arriva a Roma per uno spettacolo al teatro la Cometa. Nel 1958 inizia a farsi apprezzare ne “La borsa di Arlecchino”, un piccolo teatro all’avanguardia. Prende corpo la sua vena poetica, surreale, esercitata in modo istrionico e con una ironia unica ed inimitabile.
Paolo Poli nei suoi spettacoli porta in scena il mondo comico, nella sua accezione della commedia brillante. Gioca con le parole, con la lingua e con un’ironia sottile ma sempre intelligente. Inizia così ad essere veramente popolare grazie anche alla generazione che cresce ascoltando le sue fiabe in tv. Dopo varie miniserie in tv fra gli anni Sessanta e Settanta, ritorna nel 2015 su Rai Tre con “E lasciatemi divertire”.
A livello cinematografico raccontava raccontava spesso di aver rifutato un ruolo che Fellini gli aveva offerto in 8 1/2, ma mai disdegnò il cinema. A partire dal ’54, quando Mario Costa lo dirige in Gli amori di Manon Lescaut. Segono Non c’è amore più grande di Giorgio Bianchi e Camping, dell’amico Zeffirelli, un episodio (Giorno di paga) di Cronache del ’22 di Guidarino Guidi (1961) e Per amore… per magia… di Duccio Tessari, 1967. Nel ’69 lavora con Roberto Faenza in H2S, poi altri film fino a Felice chi è diverso, nel 2014, regia di Gianni Amelio.
All’attività di interprete alterna quella di regista. Numerose le opere treatrali da lui firmate, da “Aldino mi cali un filino”, “Rita da Cascia” (1967, una lettura così irriverente della storia della santa da dar vita a una lunga polemica, sul vilipendio della religione, che culminò con la richiesta, da parte di Oscar Luigi Scalfaro, di un’interrogazione parlamentare), “Caterina De Medici” (1999), “L’asino d’oro” (1996), “I viaggi di Gulliver” (1998), “La leggenda di San Gregorio”, “Il coturno e la ciabatta”, “La nemica” (1969, di Dario Nicodemi), “Femminilità” (1975).
Il suo ultimo spettacolo avviene nel 2015 “Aquiloni”. Nel 2015 annuncia il suo addio alle scene e lamentava una mancanza di denaro e di serietà.E poi, diceva, “non ho più fiato, ho 86 anni. Qui c’è solo da morire, ma non ho paura della morte: quando arriva, dicevano i greci, non ci sono più io”. La sua ultima, più applaudita apparizione poco meno di tre mesi fa: il 7 gennaio a Firenze per l’inaugurazione, dopo il restauro, del Teatro Niccolini, chiuso da vent’anni e che è stato a lungo una delle sue “case”‘.
Un grande attore, un uomo intelligente e ricco di ironia che ha fatto grande il teatro italiano.
Rest in peace, Paolo.
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