Fino al 21 aprile a Napoli avremo la possibilità di assistere ad una Mostra Impossibile resa possibile dalla tecnologia. Potremo ammirare 117 dipinti in chiave 1 a 1 ad alta risoluzione di tre grandi della storia dell’arte e cioè Raffaello, Caravaggio e Leonardo.
Non capita così spesso che tanti capolavori vengano riuniti sotto lo stesso cielo, ma nel complesso monumentale di San Domenico Maggiore, dove insegnò san Tommaso d’Aquino, che ospita la biblioteca dove studiò Tommaso Campanella e dove albergò a lungo Giordano Bruno, il pensatore che con i suoi “infiniti mondi” aprì gli spazi al moderno, potremo avere questa occasione che può essere definita unica. Nel cuore del cuore di Napoli, il monumento merita una visita indipendentemente dalla mostra. Ma la mostra è un’occasione in più.
Diciassette riproduzioni di dipinti di Leonardo, trentasette di Raffaello e sessantaquattro di Caravaggio, realizzate sulla base di procedimenti digitali sofisticatissimi, che non sarebbero stati pensabili soltanto quindici anni fa.
Le mostre impossibili erano state inaugurate nel 2003, con l’esposizione dedicata al Caravaggio negli spazi di Castel Sant’Elmo a Napoli.
L’idea di allestire delle “mostre impossibili” nasce da un’attenta riflessione sulla crisi strutturale che investe i musei di tutto il mondo e dalla considerazione che, nell’epoca della riproducibilità digitale dell’opera d’arte, la riproduzione dev’essere tutelata e valorizzata quanto l’originale, non solo per motivi economici ma, prima di tutto, perché una diffusione veramente capillare e di massa delle opere d’arte può essere garantita soltanto dalle riproduzioni.
Grandi storici dell’arte si sono espressi favorevolmente sulle “mostre impossibili” e di questa in particolare. Ferdinando Bologna ad esempio, considera il progetto di Renato Parascandalo geniale, perché “questa nuova generazione di riproduzioni d’arte, ad altissima definizione e a grandezza naturale, consente un approccio agli originali che gli originali stessi, nelle condizioni in cui normalmente si trovano, sia nei musei sia nelle sedi proprie, non consentono”. Anche Salvatore Settis ammette di apprezzare le copie: “In Giappone si conservano – nell’isola di Shikoku – moltissime copie di arte occidentale, per la maggior parte italiana. Per i giapponesi, che vivono così lontano dai luoghi dove si trovano gli originali, una visita all’isola costituisce un’occasione straordinaria di conoscenza. Fra i duecentomila visitatori che ogni anno visitano quel museo, non c’è dubbio che molti vorranno poi vedere gli originali. La copia vale in quanto rimanda all’originale, non per sé”. Claudio Strinati paragona le “mostre impossibili” a quelle esecuzioni musicali incise su disco: “La riproduzione di un’opera pittorica – purché di qualità – presenta qualche analogia con la riproduzione musicale. Il che non vuol dire che la riproduzione è equivalente all’originale: cionondimeno un’ottima riproduzione di un’opera d’arte può dare una serie di cognizioni, stimoli e intuizioni molto importanti e interessanti”. Dice Nicola Spinosa: “A Castel Sant’Elmo, a Napoli, è stata allestita – nel 2003 – la prima mostra impossibile, quella del Caravaggio. Quando mi è stato proposto da Renato Parascandolo di ospitare la mostra, avendo constatato la straordinaria qualità delle riproduzioni, ho accolto la richiesta con grande favore. Mi entusiasmava, soprattutto, l’idea di poter vedere, contemporaneamente e nello stesso luogo, l’intera opera del Caravaggio” Per Denis Mahon “le possibilità aperte dalle mostre impossibili sono meravigliose”, e per Maurizio Calvesi: “L’effetto delle riproduzioni di questa mostra impossibile è di straordinaria drammaticità. Per esempio, fa quasi rabbrividire il corpo del San Giovanni caduto a terra, mentre dal collo sgorga il sangue nel cui rosso il Caravaggio ha apposto la propria firma: un particolare che si può quasi toccare con mano nella riproduzione, mentre nell’originale non sarebbe possibile avvicinarsi tanto”.
Un’esperienza unica e irripetibile per permettere a tutti di avvicinarsi ed amare l’arte e per conoscere ancora meglio tre grandi artisti italiani del passato.
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