“Ho un bisogno irreprimibile di passare un’intera mattinata in un vecchio hammam di Fès dove, appena adolescente, andavo con mio fratello maggiore a fare le abluzioni settimanali. Ma perchè questo desiderio, questo bisogno? Per un semplice motivo, mi sento sporco! Sento la pelle morta che resiste e mi penetra nella carne. Nonostante la doccia quotidiana, nonostante il bagno caldo serale per rilassarmi prima di dormire, sento che sotto la pelle mi si sono insinuate delle porcherie che continuano ad emanare cattivi odori.”
Leggendo questa citazione tratta dalla seconda pagina del racconto di Tahar Ben Jelloun, uno dei più noti scrittori marocchini contemporanei, è già esplicita l’intensità della narrazione racchiudendo in sé tutti gli elementi determinati l’identità del racconto. Poco più di cinquanta pagine, ma ricche di contenuto, nelle quali nulla è tralasciato della sofferenza che affligge il protagonista, un famoso pianista marocchino che vive a Parigi, dove il suo nome ed il suo talento si sono diffusi al pubblico europeo. La notorietà l’ha però portato anche a dei risvolti negativi, quella sensazione di sporco che lo ossessiona ed il brutto odore che è convinto emani la sua pelle, ma in realtà sono solo complessi psicologici nati a seguito di una grave delusione. Il suo istinto e la sua buona fede lo hanno spinto a concedere la sua amicizia a delle persone che non la meritavano affatto, manifestando presto il loro vero interesse economico approfittando del legame instaurato per commettere furto e tradimento a suo danno.
Il pianista è fortemente addolorato, non riesce a capacitarsi di come l’invia e l’avarizia possano muovere i comportamenti delle persone, di come la menzogna sia per molti l’unico strumento per emergere sugli altri, e trova nelle radici di se stesso, nei luoghi della sua infanzia e nella sua città natale, l’unico rimedio possibile per depurarsi dalla malvagità subita. Torna perciò all’hammam di Fès dove il vecchio massaggiatore-filosofo Bilal lo aiuterà a purificarsi, ad eliminare il male che si è annidato dentro di lui, ma è con la conoscenza di Haj Benbrahim che la disintossicazione sarà completa.
La religione si unisce qui alla magia senza riuscire a distinguere il confine tra le due, mentre la saggezza di Haj Benbrahim sfocia in rituali di stregoneria che sembrano completarsi a vicenda. Il male è quindi sconfitto accompagnato dalla capacità di dimenticare il torto subìto.
E voi cosa ne pensate?
“L’Hammam” di Tahar Ben Jelloun, ed. Einaudi, € 7.50, pag. 58
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