“Tutto è già stato scritto”, recita un passaggio sulla copertina del libro La Biblioteca dei Morti e, decisamente, è la citazione alla quale più spesso facciamo ricorso d’altronde, più della stessa fine, ciò che veramente ci fa paura è il non sapere dove, quando, come.
Di sicuro non è il problema principale delle vittime di questo giallo le quali, prima di morire, ricevono una cartolina con sopra disegnata una bara e la data del giorno della loro morte. Tutto si compie, come previsto, per mano di un destino che sembra impossibile fermare, ciò che deve accadere succede e in modo inesorabile.
È l’enigma che ci propone Glenn Cooper con la sua opera prima, nella quale rompe i classici schemi del giallo tradizionale, in modo davvero particolare. L’evento, le azioni, si svolgono in diversi blocchi spazio temporali: si va da New York 2009 a Londra 1947, dove ci fa compagnia Churchill “in persona”, per poi passare a Washington, sempre dello stesso anno dove, questa volta, ad intrattenerci è proprio Mr Henry Truman, presidente, allora, in carica degli Stati Uniti; si ritorna alla New York dei giorni nostri ma, subito dopo, le coordinate spazio tempo ci trasferiscono in Britannia, nel luglio del 777. Tutto è collegato, un filo comune tiene insieme i destini e le vicende dei personaggi anche se sembrano così divisi, così lontani, così diversi.
Il romanzo scorre in modo piacevole certo, magari, a tratti ci si può confondere e perdersi nell’aggrovigliata matassa di date e luoghi ma, già a metà libro, il mosaico comincia a ricomporsi e i suoi pezzi prendono il loro posto per dare al lettore la chiara immagine dell’azione e del perché, fino ad un imprevisto colpo di scena, relegato nell’ultima riga dell’ultima pagina. Lo scrittore è abbastanza ingegnoso da fornirci interrogativi di stampo esistenzialista e, al tempo stesso, ci insinua dei dubbi su cosa stia accadendo intorno a noi: è già veramente stato tutto scritto? C’è qualcuno che sa? E davvero nella famosa Area 51 si stanno studiando gli ufo? O è solo una copertura per nascondere una verità che getterà l’intera umanità nel panico prima del tempo?
Personalmente trovo alquanto furba l’idea di Cooper di seguire l’esempio di Dan Brown: creare confusione e indecisione in merito a fatti di cui c’è già stato detto e che, a noi, sembra andar bene così; forse, il riaprire certi discorsi, il portare avanti dibattiti che proseguono da secoli, è solo il modo per confonderci ancora di più o solo per farci venire a conoscenza, attraverso un semplice codice, ciò che è nostro diritto sapere: la data della nostra fine.
L’intricata trama del giallo è accompagnata da personaggi ben costruiti, una scrittura fluida, che non risulta per niente pesante, forse proprio per non scoraggiare “l’impresa” del lettore.
Per tutti i curiosi o per quelli che se lo stiano chiedendo, Cooper fornisce una nuova data, in cui prevede la Finis Dierum ma, il perché e il come sia arrivato a stabilirla non ci viene detto, almeno….. non in “questo” libro.
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