Il premio Nobel per la letteratura 2015 è stato assegnato la settimana scorsa a Svetlana Aleksievič scrittrice e giornalista bielorussa.
L’Accademia Reale Svedese ha affermato di averla scelta per la sua “scrittura polifonica, e per un lavoro che è un monumento alla sofferenza e al coraggio del nostro tempo”. La Aleksievič ha 68 anni e come cronista ha raccontato da vicino gli avvenimenti principali che hanno segnato l’Unione Sovietica nel XX secolo. Con il suo stile, che si caratterizza per un approccio documentario ma denso di emozioni, l’autrice ha sempre dato priorità alla storia dei singoli individui che hanno affrontato le vicende storiche più difficili, travolti dal crollo del comunismo.
Le prime parola della scrittrice, dopo aver avuto la notizia, sono state “Mi sono subito sentita circondata da grandi ombre, come Bunin o Pasternak, è un sentimento da un lato fantastico e dall’altro inquietante”. Poi, nel pomeriggio, ha raccontato di essere boicottata dal potere bielorusso: “Fanno finta che io non ci sia, non pubblicano i miei libri, non posso fare discorsi da nessuna parte, non mi ricordo che la tv bielorussa mi abbia fatto una chiamata, neppure il presidente bielorusso”.
Pacifista e critica, con un occhio attento a scovare le ingiustizie, non ha mai dato tregua al regime dittatoriale Bielorusso: è infatti stata perseguitata dal regime di Lukašenko, accusata di essere una collaboratrice della CIA, e tutti i suoi libri sono stati banditi dal paese. Anche Putin sembra non avere un particolare simpatia per la Aleksievič e l’assegnazione del premio Nobel per la letteratura 2015, a pochi giorni dall’anniversario della Politkovskaya, deve aver ricordato al Cremlino che anche la Aleksievič è convinta che “la letteratura dei fatti sia oggi più potente della fiction, delle storie che possiamo inventarci”.
I suoi libri sono racconti corali, che permettono di conoscere da vicino la gente comune, le persone che vivono quotidianamente sulla loro pelle i processi e i cambiamenti storici, le conseguenze delle guerre e delle scelte politiche. Il racconto Nella nostra casa vivono due guerre è un esempio della sua scrittura lucida e densa.
In Ragazzi di zinco (edito da e/o) la scrittrice ha raccontato l’intervento russo nella guerra in Afghanistan, visto con gli occhi dei reduci sovietici e delle madri dei caduti. Un libro che è costato alla scrittrice l’accusa di disfattismo.
In Incantati dalla morte (e/o) , la Aleksievič si sofferma sui numerosi suicidi avvenuti sopo il crollo dell’Unione Sovietica. Ma il suo romanzo più celebre è Preghiera per Chernobyl (e/o) che contiene decine di interviste alle vittime della tragedia nucleare.
L’ultimo libro della Aleksievič pubblicato in Italia è Tempo di seconda mano (Bompiani), un lavoro di oltre trent’anni, un affresco della dissoluzione dell’Unione Sovietica visto con gli occhi di numerosi contadini, operai, studenti e intellettuali.
La guerra non ha un volto di donna è invece dedicato alle donne sovietiche al fronte durante la Seconda guerra mondiale e Elisabetta Sgarbi ne ha annunciato la prossima pubblicazione per Bompiani.
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